27 Aprile 2023

Open to Meraviglia: la viralità nel marketing non sempre è positiva

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Questa mattina l’agenzia Armando Testa ha voluto affrontare le critiche alla campagna di comunicazione e marketing Open to Meraviglia acquistando una pagina intera del Corriere della Sera. Nel comunicato, l’azienda ha ribadito che i 9 milioni di euro spesi sono principalmente necessari per la pianificazione media in diversi paesi, ma ha anche sottolineato un aspetto interessante da analizzare.

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Purché se ne parli

L’agenzia ha evidenziato che nel momento in cui una campagna riesce a rompere il muro dell’indifferenza e genera un acceso dibattito culturale, questo rappresenti qualcosa di positivo. In linea con il celebre motto di Oscar Wilde purché se ne parli. L’agenzia ha quindi difeso la viralità generata dalla campagna per giustificarne le critiche.Purtroppo l’idea che sia sempre positivo che se ne parli solitamente è una carta che ci si gioca quando le cose vanno talmente male e si cerca di correre furbescamente ai ripari. Inoltre, implicitamente, questo concetto suggerisce che la reazione negativa sia stata calcolata dall’agenzia; ecco questo non posso sapere se sia vero o meno, benché me ne sfugga il senso, almeno per il momento. Spiego perché.


Marketing virale e sentiment negativo

La viralità generata ha alimentato principalmente tweet, meme, post all’interno dell’Italia mentre l’obiettivo dichiarato, anche in questo comunicato, è quello di promuovere l’Italia all’estero. Resta ancora da vedere se riuscirà a far parlare di sé all’estero.

Nel marketing l’idea che è un bene che di qualcosa si parli, anche in maniera negativa, è da tempo superata. Sopratutto perché ad essere subirne conseguenze sarebbe innanzitutto la reputazione del brand. Non a caso in questi giorni ho letto alcuni commenti che difendevano la campagna perché aveva raggiunto il suo obiettivo, ovvero far parlare di sé.

Fermo restando quanto ribadito anche dall’agenzia, ovvero che l’obiettivo è far parlare dell’Italia oltre i nostri confini, questa argomentazione grossolana e difensiva non tiene in considerazione che a parlare sono stati gli errori. La provocazione del messaggio passa in secondo piano nel momento in cui ci sono palesi strafalcioni, anche in relazione al costo. E’ vero che una grande percentuale sarà utilizzata per l’acquisto spazi, ma al momento non ci è dato conoscere che percentuale è stata riservata alla creatività. Non basta l’awareness, ma il sentiment generato e Open to Meraviglia ha suscitato emozioni assolutamente negative.

In conclusione, forse sarebbe stato meglio ammettere alcuni errori e rispondere con maggiore ironia, invece di mettere in pericolo la reputazione che l’agenzia ha costruito negli anni.