L’Agenda Digitale: un progetto che potrebbe fruttare occupazione e beneficio economico per l’Italia, ma che nella pratica non decolla! Sia Letta che Renzi, hanno fatto della digitalizzazione del nostro Paese un cavallo di battaglia nel loro programma, ma l’insufficienza dei finanziamenti, il costante “cambio di comando” e l’approssimazione dei provvedimenti, hanno riconfermato il ritardo italiano nell’attuazione dell’Agid.
La gestione dell’AgiD è paragonabile ad una Ferrari, con un cambio costante del conducente. Il risultato? Il progetto resta nei box, con qualche giro di prova in attesa costante del pilota ufficiale! Dal 2012 ad oggi: Ragosa, poi affiancato da Caio ed ora Elisa Grande. Dopo la fusione in un unico organismo di quattro entità, l’Agenzia per l’innovazione, DigitPA, parte dell’Istituto superiore delle Comunicazioni (Iscom), il Dipartimento per la Digitalizzazione e l’Innovazione della PA e ll’Agenzia, il nuovo Ministro Madia (come i suoi predecessori) si è incartato su tavoli con troppe sedie intorno, con regole tecniche e progettazioni apparentemente indispensabili (per approfondire questo argomento consiglio la lettura di questo articolo).
Abbiamo già avuto modo di dire che l’Europa non perdona la nostra Agenda Digitale per i suoi ritardi. La conferma ci è data da questo recente documento UE che, in percentuali, ci fornisce un quadro desolante dell’attuale situazione Italiana:
– le connessioni superiori a 30 Mps hanno solo il 21% di penetrazione a fronte di una media europea del 62% delle abitazioni raggiunte;
– sostanzialmente assente la connessione a 100Mps;
– buona penetrazione della rete mobile veloce;
– solo il 56% della popolazione utilizza internet a fronte di una media europea del 72%;
– il 60% degli italiani ha scarse o nessuna competenza digitale a fronte di una media europea del 47% solo il 20% degli italiani hanno effettuato nel 2013 acquisti online a fronte del 47% della media europea;
– buone indicazioni sul fronte dell’offerta di sistemi di egovernment ma basso utilizzo da parte dei cittadini (solo il 19% della popolazione a fronte del 41% della media europea)
– buoni risultati su eHealth e ricerca e innovazione.
A proposito della superficialità dei provvedimenti, non riusciamo neanche a vincolare in maniera rigorosa le PP.AA, in merito alle modalità di pagamento elettronico. E’ evidente che non ci vogliano sforzi rivoluzionari per dare al cittadino la possibilità di pagare con una modalità innovativa e veloce, ma è altrettanto evidente che ci siano sempre complicazioni condite da noia e scoraggiamento. Per questo, ho presentato un’interrogazione partendo dal un documento dell’Authority della Concorrenza e del Mercato. Secondo le osservazioni contenute nel documento, le linee guida sono troppo poco stringenti e rimandano all’implementazione delle stesse a giugno 2015, lasciando di fatto la possibilità di non rispettare la norma in maniera rigorosa. Altra annotazione dell’AGCM riguarda: “la prassi di vari enti locali di non pubblicare il codice IBAN necessario per poter pagare attraverso il bonifico bancario, gli importi loro dovuti, quali le multe del Codice della Strada” e che “risultano vigenti alcune disposizioni (ad esempio dell’Agenzia delle Entrate e del Ministero delle Finanze) che sostanzialmente privilegiano gli strumenti di pagamento di Poste Italiane”. In buona sostanza, le linee guida non creano le condizioni per una reale interoperabilità degli strumenti di pagamento e non fanno altro che continuare a incentivare pagamenti con mezzi obsoleti con costi aggiuntivi. Questo a discapito dell’utenza e delle stesse pubbliche amministrazioni costrette ad incassare con ritardo i pagamenti. A tutto questo si aggiunge che, in questo modo, siamo in palese violazione al Regolamento CE 260/2012, il quale sancisce che gli Stati membri devono consentire ai cittadini la scelta tra i diversi strumenti elettronici di pagamento, anche attraverso il ricorso al tradizionale bonifico bancario. La nostra richiesta al Ministero è stata quella di puntualizzare le tempistiche per rendere effettivi i pagamenti elettronici nel rispetto delle direttive comunitare, della tutela della concorrenza e del mercato, anche a fronte delle segnalazioni dell’AGCM.
Il M5S ha sempre sottolineato che l’Agenda Digitale non serve solo a digitalizzare la carta, serve a far crescere il nostro Paese: creare posti di lavoro, diminuire i costi fissi, risanare bilanci! Le numerose interrogazioni e le nostre proposte sono sempre andate nella direzione di incentivare l’innovazione e i dati di Fondazione Symbola-Ca’ Foscari ci dicono che non solo le aziende attive online sono grandi esportatrici (67% contro 55%), ma per ogni euro di crescita del Pil italiano, in media 15 centesimi sono riconducibili alla web economy.
Cliccando qui il testo completo dell’interrogazione e qui l’atto di segnalazione dell’AGCM.
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[…] dati dedicati al nostro Paese, fotografano una situazione desolante che abbiamo già illustrato in questo post. La scarsa educazione al digitale della nostra popolazione rappresenta un dato senza dubbio […]