La vicenda Alitalia è l’emblema dell’incapacità della politica e della nostra classe dirigente di non saper gestire non solo le istituzioni, ma anche le aziende e in questo caso, le compagnie aeree.
Air France, come previsto, non ha alcuna intenzione di metter soldi in Alitalia, a meno di durissime condizioni: ridimensionamento ulteriore del personale, tagli di offerta, messa a terra di aerei, ristrutturazione del debito.
Nel 2008 condizioni migliori furono proposte e rifiutate in favore dell’italianità e della cordata dei “Capitani coraggiosi” sponsorizzati fortemente dall’allora premier Silvio Berlusconi. Accettare le condizioni attuali significherebbe innanzitutto una drastica riduzione del personale e una compagnia aerea completamente diversa da quella che conosciamo attualmente. In poche parole, Alitalia sembra avere il destino segnato.
Qualsiasi cosa accadrà, questa situazione è la certificazione ufficiale del fallimento della soluzione Berlusconi-Passera, accettata dal PD e da Veltroni e da tutti i sindacati, compresa la CGIL dell’attuale segretario del PD Guglielmo Epifani. Scrive Ugo Arrigo, docente di Finanza pubblica all’Università di Milano Bicocca: “In 9 anni sono stati bruciati un po’ più di 9 miliardi di euro. Sono stati inoltre persi circa 9 mila posti di lavoro se li calcoliamo, come è corretto, come differenza tra tutti gli occupati, a tempo indeterminato e determinato, di AZ fly e controllate, AZ service ed AirOne, e quelli che sono stati assorbiti con l’avvio delle gestione Cai”. Risultati aziendali pessimi insomma.
Inoltre il camuffato aiuto di stato di 75 milioni di euro tramite Poste Italiane (nonostante il Ministro Lupi affermi che il Governo non sia assolutamente intenzionato ad investire risorse pubbliche) è l’ennesima prova di quanto non si sappia come gestire questa crisi, frutto di decisioni sbagliate e opportunistiche avvenute negli ultimi 10 anni.
Alitalia ormai non è più una compagnia di bandiera pubblica, quindi la garanzia della mobilità aerea anche domestica può essere tranquillamente sopperita dalle compagnie presenti sul mercato. Se, anzi Alitalia liberasse gli slot che attualmente detiene e che non sfrutta per gelosia e per paura della concorrenza, forse il mercato domestico del trasporto aereo avrebbe più attori e più tratte gestite.
In conclusione, questa azienda ha sempre rappresentato un debito, un buco di bilancio, sia quand’era pubblica sia in mano privata.
Garantire occupazione per il personale attuale di Alitalia tramite l’obbligo da parte delle compagnie che compreranno gli slot liberati può essere un buon punto di partenza.